Dal 1968 ad oggi spesi 135 miliardi per emergenza e ricostruzione post sisma. Stimati 219 miliardi di euro per mettere in sicurezza 18 milioni di immobili in 30 anni.
Dal 1968 a oggi, l’Italia ha speso oltre 135 miliardi di euro per la gestione delle emergenze e la ricostruzione post-sismica, dei quali 20 miliardi dovrebbero essere spesi ancora fino al 2047. Una cifra impressionante che, secondo il rapporto del Centro Studi della Fondazione CNI, dimostra l’urgenza di un cambio di rotta.
L'analisi evidenzia la necessità di un Piano di prevenzione del rischio sismico strutturato su obiettivi chiari, finanziamenti certi e tempi di attuazione definiti che abbandoni l'approccio emergenziale e adotti una strategia organica di prevenzione e messa in sicurezza degli edifici.
Un passato di spese straordinarie e un futuro di prevenzione sostenibile
Il rapporto evidenzia un aspetto cruciale: sebbene negli ultimi decenni siano stati stanziati ingenti fondi per fronteggiare le emergenze, l’assenza di un piano di prevenzione organico ha portato a interventi discontinui e costosi. Dal terremoto della Valle del Belice (1968) in poi, lo Stato ha speso oltre 2 miliardi di euro all’anno per la ricostruzione post-sismica. Ciò vale a maggior ragione se consideriamo l’enorme numero di vite umane che potrebbero essere salvate e l’inestimabile patrimonio storico e culturale che si potrebbe preservare
Secondo il Presidente del CNI, Angelo Domenico Perrini, è necessario rivedere l’approccio: “Lo Stato, di fronte agli eventi distruttivi, ha sempre adottato una logica 'inclusiva e mutualistica', coprendo i costi di ricostruzione e assistenza. Tuttavia, occorre chiedersi se non sia più utile investire in un piano di messa in sicurezza preventiva, basato su una strategia capillare e calibrata a seconda del rischio sismico dei territori, con opere per la mitigazione del rischio sismico e la messa in sicurezza degli edifici. ”.
Il Problema Chiave: la mancanza di dati di dettaglio
Uno degli ostacoli principali all'attuazione di un piano di prevenzione sismica è la carenza di dati aggiornati e precisi sullo stato di sicurezza strutturale degli edifici oppure dove sono state realizzate le opere di prevenzione sismica finanziate con i sismabonus per un totale di spesa di oltre 40 miliardi di euro. Ad oggi, non si dispone di una mappatura chiara sul reale stato di conservazione degli immobili né sull’efficacia degli interventi effettuati attraverso strumenti come il Sismabonus o il Supersismabonus.
Il Presidente del Centro Studi, Marco Saverio Ghionna, ha evidenziato il problema: “Possiamo dire con certezza che nonostante molti sforzi siano stati messi in campo, ci siamo mossi in un quadro disorganico, sempre rincorrendo l’emergenza. Non siamo in grado di fare prevenzione perché non sappiamo con esattezza dove intervenire. La mancanza di dati sullo stato di sicurezza strutturale degli edifici ci impedisce di quantificare con precisione le risorse necessarie e stabilire le priorità di intervento”.
Una delle azioni prioritarie dovrebbe essere la creazione di una banca dati nazionale sullo stato di sicurezza degli edifici. Questo consentirebbe di stabilire un piano chiaro che preveda in successione di:
- Quantificare la spesa media d’intervento per ciascuna microzona geografica a rischio sismico;
- Stabilire le priorità di intervento in base al livello di rischio;
- Calendarizzare gli interventi in modo graduale e programmato;
- Creare un sistema di incentivi stabili e di lungo periodo per stimolare gli interventi privati.
Il Piano di Prevenzione: quanto costerebbe?
Il rapporto del nostro Centro Studi fornisce una stima dell’investimento necessario per un intervento di messa in sicurezza estensiva. Si parla di 219 miliardi di euro, una cifra considerevole, ma da distribuire su un arco temporale di 30 anni, con una spesa annua di circa 7 miliardi di euro. Questa cifra, per quanto ingente, sarebbe comunque inferiore ai costi di emergenza e ricostruzione sostenuti fino ad oggi.
Il Centro Studi stima che il numero di immobili residenziali coinvolti potrebbe essere di circa 18 milioni di unità. Considerando l’attuale stato di conoscenza, il costo degli interventi varierebbe in base al livello di rischio sismico delle diverse aree del Paese.
Il ruolo delle polizze catastrofali
A differenza degli anni scorsi, oggi una stima dei costi necessari per intervenire sugli edifici residenziali, in una prospettiva di prevenzione del rischio sismico, non può prescindere da elementi nuovi nel frattempo emersi dal dibattito pubblico. Uno di questi è rappresentato dall’uso estensivo delle polizze catastrofali contro eventi sismici. Attualmente, solo il 5% degli edifici italiani è coperto da una polizza contro il rischio sismico, nonostante il 50% del patrimonio immobiliare si trovi in aree ad alto rischio. Si propone quindi un sistema ibrido in cui gli incentivi pubblici per la prevenzione si affianchino alla copertura assicurativa, contribuendo a ridurre il peso economico degli interventi sulle finanze pubbliche.
L'analisi del Centro Studi lancia un messaggio chiaro: non possiamo più rincorrere l’emergenza. Serve una nuova mentalità, basata sulla prevenzione e sulla sicurezza.
Come ha dichiarato il Presidente del CNI, Angelo Domenico Perrini, “È tempo di abbandonare la logica dell’emergenza e di adottare una strategia chiara e definita. L’Italia ha le competenze ingegneristiche e le capacità tecniche per farlo, ma serve un impegno politico e finanziario adeguato. Questo è il momento di agire”.
Ci auspichiamo, come dichiara il Presidente Marco Ghionna, che il rapporto presentato in occasione della VII Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica possa diventare la base di partenza per ragionare, prendere atto di una serie di criticità, capire come affrontarle e stabilire con esattezza quante e quali risorse sono necessarie, e con quali tempi, per avviare un piano di cambiamento reale nelle politiche di prevenzione del rischio sismico in Italia.
Consulta e scarica l'indagine del Centro Studi
È possibile riprodurre, distribuire, divulgare i dati purché venga citata la fonte: Elaborazione del Centro studi Fondazione CNI, 2024
Il presente testo è stato redatto da Francesco Estrafallaces del Centro Studi CNI. Si ringraziano l’Ing. Marco Ghionna e l’Ing. Gianluca Fagotti, rispettivamente Presidente e Consigliere del Centro Studi CNI, per il contributo scientifico.